Una pappa free

Ormai da qualche anno, nel mercato del petfood si è affacciata e sta prendendo sempre più piede una nuova categoria di alimenti per i nostri amici a quattro zampe

si tratta dei prodotti con la dicitura “free”, quali i “gluten free”, “grain free” e “cruelty free”.

A cura della Dott.ssa SABRINA DOMINIO Medico Veterinario

Traducendo in italiano, “free” significa “senza, privo di” e si tratta di un claim che sottolinea la totale assenza di un determinato ingrediente dal prodotto. Come sempre, il concetto è nato nell’alimentazione umana,
dove l’attenzione si sta focalizzando ogni giorno di più nella formulazione di alimenti privi di determinati nutrienti, che possono nuocere alla salute di una certa categoria di consumatori o a tutta la popolazione.

Un esempio su tutti: l’olio di palma
Dopo l’allarme lanciato dai media sui rischi per la salute dell’uomo, oltre alle implicazioni etiche e ambientali che comportava il suo utilizzo, alcune aziende hanno iniziato a sottolineare sulle loro confezioni l’assenza di questo ingrediente, con l’intento di differenziarsi dalla concorrenza. Oggi, quasi tutte le aziende hanno sostituito l’olio di palma con altri tipi di grassi vegetali.

Gluten free
Il glutine è una proteina vegetale contenuta in alcuni cereali, in primis nel frumento, ma anche in orzo, farro e avena. I prodotti “gluten free” sono nati per rispondere alle esigenze di un sempre più assortito gruppo di consumatori affetti da celiachia, una patologia causata dell’intolleranza al glutine. Un tempo questi prodotti si potevano acquistare solo nei negozi specializzati. Ultimamente, invece, in quasi tutti i supermercati c’è il
reparto dedicato ai prodotti senza glutine e molti ristoranti e pizzerie
offrono nel loro menù piatti e pizze dedicati a questa categoria di clienti. C’è da puntualizzare che il glutine è una nobilissima proteina, che crea disturbi solo a coloro che sono affetti da celiachia. Tutti gli altri la possono e la devono assumere tranquillamente, senza nulla temere.

Traducendo in italiano, “free” significa “senza, privo di” e si tratta di un claim che
sottolinea la totale assenza di un determinato ingrediente dal prodotto.

Una patologia rara
Anche nel mercato del petfood è nata la gamma dei prodotti “gluten free”. Tuttavia, c’è da sottolineare che, se è vero che anche nel cane esiste l’intolleranza al glutine, è ancor più vero che questa è una patologia genetica che colpisce una piccolissima percentuale della popolazione
canina. Nello specifico, esistono due razze che soffrono di una enteropatia da glutine, ma si tratta di razze non particolarmente diffuse, per non dire rare: il Soft Coated Wheaten Terrier e il Setter irlandese. 

Grain free
I prodotti “grain free”, nella loro formulazione, escludono completamente i cereali, in quanto ritenuti una categoria di alimenti di cui un carnivoro non si ciberebbe in natura. Stando a quello che dice la zoologia, il cane è quindi un animale carnivoro, con un apparato digerente adatto a digerire proteine e grassi, con denti affilati per strappare e dilaniare la carne, e con una
carenza di enzimi adibiti alla digestione degli amidi. Mentre il gatto è un carnivoro obbligato, in quanto ha necessariamente bisogno di carne per vivere, il cane, nel corso dei secoli, si è adattato alla dieta dell’uomo, per cui ha maggiori capacità di digerire i carboidrati. Resta il fatto che il pancreas di cani e gatti secerne poca amilasi, ovvero l’enzima preposto alla digestione degli amidi.

I prodotti “grain free” escludono completamente i cereali nella loro formulazione. 

Un menù “naturale”
I sostenitori del concetto “grain free”, asseriscono che tale tipo di alimentazione è la più adatta all’apparato gastrointestinale di cani e gatti e la più naturale, in quanto contiene ciò che essi mangerebbero normalmente in natura. Gli alimenti “grain free” hanno solitamente dei tenori
proteici molto elevati; la qualità delle proteine impiegate è così alta da far sì che essi siano quasi completamente bioassimilabili, affaticando pochissimo i reni ed il fegato dei nostri animali.

Un’assimilazione difficile
Ma i cereali fanno davvero male ai nostri cani? Non esiste una regola assoluta. La maggior parte dei cani tollera benissimo i cereali, per
cui non è necessario ricorrere ad un alimento”grain free”. Secondo il parere di illustri nutrizionisti, esiste una sola razza che non è in grado di assimilare gli amidi contenuti nei cereali e si tratta del Cane Lupo Cecoslovacco, che ha origini direttamente correlate al lupo e conserva un intestino simile al suo cugino predatore. 

Ceci e lenticchie
Quando parliamo di cereali, dovremmo tenere in considerazione anche il tipo di trattamento che essi subiscono. La cottura che possiamo ottenere nell’ambito di una dieta casalinga non potrà mai raggiungere la digeribilità garantita dai processi tecnologici degli alimenti commerciali. In questi ultimi si parla addirittura di “gelatinizzazione degli amidi”, che li rende perfettamente assimilabili sia dal cane che dal gatto.

L’intolleranza al glutine è una patologia genetica che
colpisce una piccolissima percentuale della popolazione canina.
 

Cruelty free
Un’altra categoria particolarmente ricercata negli ultimi tempi è quella degli alimenti “cruelty free”. Ma di cosa si tratta precisamente? La definizione è nata in prima battuta per i cosmetici e i detersivi, e significa che il prodotto finito e i suoi ingredienti non sono stati testati e/o sperimentati sugli animali. Bisogna però riflettere sul fatto che non esiste nel petfood una legge che regolamenti l’utilizzo di questo claim, per cui ogni azienda e consumatore possono interpretare la dicitura in maniera differente.

Immaginario collettivo
L’immaginario collettivo vede ancora le immagini di conigli, topi e addirittura scimpanzé letteralmente torturati, al fine di testare la
tossicità di alcune sostanze. Altri ancora credono che per testare una dieta,
cani e gatti vengano fatti ammalare di proposito. Per fortuna, negli ultimi decenni, l’attenzione alla tutela del benessere animale ha acquisito sempre più importanza, per cui sono nate leggi anche molto severe che vietano questo tipo di ricerche e sanzionano in maniera esemplare i trasgressori. Il concetto di “cruelty free”, così come era inteso in passato, sta perdendo quindi di significato, perché nessun prodotto per cani e gatti viene concepito in seguito a vivisezione. Inoltre, chi non ha un centro ricerche proprio (in genere le piccole aziende mangimistiche d’interesse nazionale o locale) utilizza formule basate su studi scientifici commissionati da altre aziende, oppure compra formule da terzi.

Centri di ricerca
I temuti “centri di ricerca” che molti consumatori immaginano essere luogo di reclusione e tortura di cani e gatti, sono in realtà strutture in cui vivono pochi soggetti, che vengono accuditi da personale specializzato, cui vengono sottoposti test di appetibilità o di digeribilità, eseguiti su feci, urine o al massimo sangue. Gli alimenti dietetici sono testati su soggetti che presentano già la patologia, che si presentano in strutture private che
collaborano con l’azienda sotto il consenso informato dei loro proprietari. Le aziende più trasparenti organizzano anche dei tour
guidati di visita dei loro centri ricerca, destinati agli esperti del settore,
come veterinari, negozianti di petshop, allevatori.

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