Come comunicano gli asini

In questo articolo cerchiamo di capire come comunicano gli asini, con quelle orecchie lunghe che sembrano dotate di vita propria, quegli occhioni dall’espressione dolce e calma e con quel morbido mantello grigio. Sembrano proprio usciti dalle favole che ci raccontavano i nostri nonni. Eppure, gli asini hanno anche un bel caratterino. Conosciamoli meglio!

A cura di ARIANNA MOSSALI

Gli asini forti e longevi!

Sono classificati nella famiglia dei “grandi erbivori”, ma, a differenza dei bovini, e come gli altri loro parenti equidi, sono erbivori “monogastrici” ovvero “non ruminanti”. Possono trasportare fino al 60% del loro peso e vivere fino a 40 anni.

Queste caratteristiche li hanno resi dei compagni di lavoro insostituibili ma, purtroppo, li hanno anche portati ad essere sfruttati e privati di quel contatto umano e di quell’interazione che la loro vivace intelligenza richiede.

Come comunicano gli asini nella foto due asini assieme

Come comunicano gli asini tra simili?

Tra di loro, gli asini comunicano utilizzano tantissimo il canale visivo, interpretando segnali e posture, ma la manifestazione comunicativa più peculiare per come li conosciamo, è il raglio, meglio noto come “ih-ho”.

Il raglio è un suono tipicamente laringeo, e la laringe degli asini ha caratteristiche particolari che lo rendono ineguagliabile nel mondo animale. Innanzitutto, ha una vera e propria struttura armonica, caratterizzata da un’inspirazione che corrisponde alla fase “ih”, e da un’espirazione che, invece, corrisponde alla fase “oh”.

È unico e riconoscibile per ciascun esemplare, ed è utilizzato soprattutto tra i maschi (ma anche le femmine ne fanno uso) allo scopo di comunicare dominanza, territorialità o interesse.

Il raglio dell’asino può essere udito a diversi chilometri di distanza, e, proprio come la classica pipì canina, veicola informazioni importanti sull’individuo che lo emette, come età, sesso, condizione sociale, stato di salute etc.

Alcuni studi, condotti a metà degli anni ’90 su un branco di asini selvatici della Death Valley (studi che costituiscono a tutt’oggi la base dell’etologia asinina), hanno rilevato come il raglio costituisca uno strumento per stabilire una gerarchia basata sull’età.

Questa è una dinamica che parzialmente si ritrova, seppur attenuata (come sempre accade per tutte le manifestazioni sociali allo stadio selvatico quando vengono osservate su gruppi di animali addomesticati), anche in contesti domestici. Il raglio, ad esempio, non viene utilizzato da puledri e giovani maschi, se non in assenza dei maschi nel pieno della maturità sessuale.

Un asino che raglia in primo piano

Gli asini comunicano non solo con i ragli…

Ma il raglio, seppur distintivo, non è l’unica fonazione emessa dai nostri amici asini: essi, infatti, comunicano anche attraverso grugniti e bassi borbottii, emessi anche questi principalmente dai maschi in contesti di competizione, oppure attraverso il “whuffle”, termine che non ha un corrispettivo in italiano e che indica un contesto di richiamo ed avvicinamento. È ad esempio utilizzato dalle femmine per richiamare l’attenzione dei propri puledri. Infine, lo sbuffo dalle narici, che è un forte segnale di allerta.

Altre tipologie di comunicazione

Altri modi che l’asino utilizza per relazionarsi includono:

Flehmen.

Si tratta di un riflesso che possiamo osservare anche nei gatti e nelle capre quando inalano tracce organiche provenienti da altri esemplari. Il flehmen si esprime in una caratteristica smorfia simile ad un ghigno; attraverso la contrazione dei muscoli facciali, le molecole chimiche (feromoni) così incorporate vengono indirizzate verso l’organo vomeronasale, che potremmo descrivere come una sorta di super computer situato nel pavimento della cavità nasale, atto a decifrare le informazioni biologiche presenti nei feromoni.

Anche l’essere umano presenta tracce di organo vomeronasale ma, come tanti altri superpoteri che abbiamo perso per strada nel corso dell’evoluzione, non lo sappiamo sfruttare come fanno invece gli animali.

Gesti affiliativi.

Ovvero le espressioni di attaccamento tra partner, madri e figli etc. Uno di questi è il cosiddetto allogrooming, ossia uno “spulciamento” reciproco che si osserva anche in altre famiglie tra cui i primati ed è effettuato con i denti. Questo non solo serve a tenere sotto controllo i parassiti, ma anche ad alleviare lo stress e rafforzare i legami tra individui.

Gioco.

Il gioco sociale è una straordinaria palestra emotiva e di vita, in cui si impara a gestire i conflitti e la competizione in maniera funzionale e non distruttiva, si allenano la comunicazione non verbale, le capacità intellettive e di problem solving, si sperimentano relazioni di valore e in generale ci si rilassa e si sta bene!

Tra tutte le specie di mammiferi, l’unica ad abbandonare il gioco dopo la fase infantile e a considerarlo una perdita di tempo è quella umana. Da tempo viene ribadito che non solo i bambini debbano avere diritto al gioco e tempo da dedicarvi, ma anche gli adulti dovrebbero tornare ad imparare da questa pratica magica e fondamentale.

Se prendessimo esempio dagli asini e dagli altri amici animali e dedicassimo più spazio alle nostre emozioni e alla nostra libertà, forse impareremmo a gestire meglio i grandi problemi che ci affliggono.

Asini comunicano con pet therapy con un bimbo

Asini, orecchie lunghe e funzionali

Infine, come accennato sopra, gli asini per comunicare si basano molto anche sulla comunicazione visiva e sull’interpretazione di posture corporee. E quale parte del corpo dell’asino può essere più espressiva e “parlante” delle sue meravigliose orecchie?

Ecco alcuni esempi di cosa quelle due morbide antennone potrebbero volerci dire:

  • Orecchie ritte sul capo: Attenzione e curiosità.
  • A “manubrio di bicicletta”: amicizia, ricerca di attenzioni e coccole.
  • Aderenti al collo, testa alta: attento, è in vena di fare scherzi!
  • Aderenti al collo, ma a testa bassa: malumore, meglio lasciarlo tranquillo.
  • Movimento e rotazione indipendente delle orecchie: perplessità, allerta, cerca di capire cosa stia succedendo.

La comunicazione emotiva

Abbiamo esplorato alcune delle modalità con cui questi simpaticissimi quadrupedi si parlano e ci parlano. Ma, come sempre quando si tratta di animali, esiste una comunicazione più sottile e profonda, che non ha bisogno di parole, gesti o esperimenti, ma solo dell’ascolto e dell’umiltà di mettersi sullo stesso piano: la comunicazione tramite emozioni.

Comunicazione emotiva che, nel caso dell’asino, è particolarmente potente per una serie di motivi. L’asino è un animale strettamente legato all’immaginario agreste, quello da cui provengono i nostri anziani, e per questo ci trasmette solidità, affidabilità, sicurezza, dolcezza. Accarezzare il suo mantello morbido, grigio, un po’ rustico, proprio come una coperta della nonna, trasmette una serenità impagabile, una sensazione di “casa”.

Il suo muso e i suoi occhi, che lo fanno sembrare un peluche ci aiutano a entrare in contatto con la parte tenera di noi stessi, troppo spesso messa da parte a favore della modernità.

Asini e pet therapy

Per tutti i motivi descritti, gli asini ottengono ottimi risultati nella pet therapy, sia con i bambini che con gli anziani. In particolare nei pazienti affetti da Alzheimer il contatto con l’animale è in grado di ricollegare alla memoria dell’infanzia, alle sensazioni che sono le ultime ad essere cancellate dalla malattia.

La leggenda…

Molto suggestiva anche la leggenda che vuole che Santa Lucia, portatrice ufficiale di doni in nord Europa, ma anche in numerose località in Italia, sia accompagnata nella sua missione da un asinello che la guida nelle tenebre, essendo lei cieca, e che i bambini la notte del 13 dicembre lascino sul tavolo o fuori dalla porta di casa fieno per lui e caffè e biscotti per la santa. E allora, prima di considerarli meramente animali “da soma”, o peggio ancora, di dare del “somaro” a una persona un po’ stupidotta… Dite la verità, siamo riusciti a convincervi che anche gli asinelli siano animali davvero magici?

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