Molti proprietari di cani e gatti affermano di sapere se i loro beniamini hanno combinato un dispetto o hanno disubbidito a delle regole durante la loro assenza, grazie all’ atteggiamento del pet che si ritiene colpevole al suo rientro, ma molto spesso si sbagliano.
A cura di Tiziana DaRe – Educatore e ri-educatore cinofilo professionista – Diplomata in educazione e rieducazione del cane (hnc in dog training and behaviour) – Specialista nel comportemento del gatto (cat behavior specialist) – www.obbiettivocane.com
Sembra che il pet, nella maggioranza dei casi, assuma un atteggiamento dove si ritiene “colpevole” ancor prima che il proprietario si accorga del danno. Tale comportamento è visto come “conferma” da parte del pet di aver combinato un “dispetto”.
Amici “umanizzati”
Tutto ciò potrebbe suggerire che il cane, o gatto, valutino le loro azioni secondo un codice interno di comportamento. Ecco perché, ultimamente, si cerca di allontanarsi da una visione “umanizzata” del cane e del gatto; e di puntare piuttosto sull’analisi del contesto in cui il Pet attua questo atteggiamento dove si ritiene “colpevole” agli occhi dell’essere umano.
Esperimenti sul comportamento
Vari esperimenti sono stati fatti da studiosi del comportamento del cane, in cui a Fido veniva verbalmente proibito di mangiare o toccare un dato cibo/oggetto, e poi veniva lasciato solo per osservarne le reazioni.
Per il 50% dei casi il cane veniva rimproverato al rientro del proprietario; sia che l’oggetto o il cibo fosse stato rimosso o mangiato dal cane sia che fosse stato prelevato da un aiutante. Il restante 50% dei cani presi in analisi veniva accolto con lodi e carezze nonostante la rimozione del cibo/oggetto.
Colpevoli?
I cani rimproverati al rientro del proprietario assumevano un atteggiamento “colpevole” molto più frequentemente di quelli non rimproverati, a prescindere da chi avesse rimosso il cibo o l’oggetto.
Vale a dire che, se pure il cibo veniva rimosso da un aiutante e non dal cane, il cane comunque assumeva un atteggiamento “colpevole”. Pertanto gli studiosi appresero che l’atteggiamento di colpa non era dato tanto dalla consapevolezza di aver commesso qualcosa di scorretto, ma dalla paura di ottenere un rimprovero all’arrivo del proprietario.
Anche una semplice mutazione nel nostro umore può essere percepita dai nostri beniamini come una forma di punizione.
Colpevoli… a prescindere
In questo esperimento, si è inoltre notato che la presenza o assenza dell’oggetto usato come test, suggeriva la reazione al cane. La risposta di “senso di colpa” era maggiore nei casi in cui l’animale non aveva toccato l’oggetto del test, poiché il rimprovero era senza cognizione di causa; minore, invece, nei casi in cui l’animale lo aveva fatto.
Ciò sta a significare che una forma di associazione negativa fra la presenza del danno o meno e l’arrivo del proprietario, si formi nella mente del cane.
Sofferenza latente
L’idea del dispetto rimane una forma esclusivamente umana di interpretazione del comportamento dell’animale. La mente del cane e del gatto è molto più semplice di quella umana e pensieri complessi come fare i dispetti non rientrano nella loro capacità di elaborazione.
Ciò che sembra essere un dispetto il più delle volte non è altro che una manifestazione di disagio che ha l’animale in nostra assenza. In molti casi analizzati, l’animale soffriva di un disturbo di separazione o iper attaccamento nei confronti della famiglia; e per attenuare il senso di smarrimento in assenza del proprietario venivano attuati tutti quei
comportamenti appunto definiti poi dai proprietari come “danni e dispetti”.
Osservati speciali
Se il comportamento del cane non è un dispetto ma una manifestazione di paura nei confronti dei proprietari, come mai allora alcuni cani assumono questo atteggiamento anche se non sono mai stati sgridati o picchiati dai loro familiari? In realtà, il nostro concetto di punizione non sempre coincide con quello del cane o del gatto.
Infatti, il linguaggio degli animali è per l’80% corporeo, mentre quello dell’essere umano è per lo più verbale. Durante il giorno gli animali ci studiano in continuazione ed essendo molto sensibili, per loro un rimprovero o una punizione può essere semplicemente un nostro cambio di umore, vedere la nostra faccia imbronciata, percepire la tensione del nostro corpo, il tono della voce diverso rispetto al solito, e via dicendo.
Se non siamo contenti difficilmente dimostreremo il nostro affetto al nostro pet, e questo viene percepito dai nostri amici. Se al rientro dopo un’assenza troviamo un danno, la domanda da porci è: cosa ha indotto il mio pet a fare questo?
Le domande giuste
Lasciare un cucciolo da solo per lui è una forte punizione, ecco perché inizialmente i piccoli andrebbero abituati a stare da soli gradualmente,
con risvolti positivi e non negativi. In conclusione, se al rientro dopo un’assenza troviamo un danno, la domanda da porci è: cosa ha indotto il mio pet a fare questo? Si sentiva solo? Stressato? Aveva dell’energia da sfogare? Aveva fame? Non fermiamoci alla nostra interpretazione del “ci ha voluto fare un dispetto”, poiché come adesso sappiamo la mente dell’animale è ben lontana da tali concetti, troppo umani.
L’atteggiamento “colpevole” dei pet non è dato tanto dalla consapevolezza di aver commesso qualcosa di “scorretto”, ma dalla paura di ottenere un rimprovero da parte del proprietario.