La Zooantropologia fra uomo e animali non umani

Pur trattando un argomento vecchio quanto l’uomo, rappresenta un nuovo modo di guardare alla relazione fra l’uomo e gli animali

Dott.ssa Chiara Mariti – gruppo ETOVET Dipartimento di Anatomia, Biochimica e Fisiologia Veterinaria, Università di Pisa

Una scienza che studia l’amicizia

La zooantropologia, rappresenta un nuovo modo di guardare alla relazione fra l’uomo e gli animali, dove entrambi assumono un ruolo importante l’uno per l’altro e si interviene affinché questa relazione sia il più possibile equilibrata e piacevole per tutti i soggetti interessati, fino a trarne notevoli benefici.

L’uomo si relaziona con gli animali fin dagli albori della sua esistenza.

Infatti, anche quando ancora non si poteva parlare di Homo sapiens, i nostri antenati vivevano circondati da tutti gli altri animali, che rappresentavano il suo cibo o il suo nemico. Finché qualcuno di questi animali non è diventato un alleato. Il primo è stato il lupo, ben 100.000 anni fa, con il quale l’uomo convive da così tanto tempo che si può parlare di una coevoluzione fra le due specie, cioè di una evoluzione congiunta delle due specie.

Molti anni dopo altre specie, per un motivo od un altro, si sono avvicinate o lasciate avvicinare dall’uomo. Probabilmente si trattava di animali giovani, con caratteristiche così tènere da scatenare negli uomini (o meglio nelle donne) di migliaia di anni fa l’istinto a prendersene cura, ad adottarli come se fossero i loro piccoli. Quelli che erano in grado di vivere nelle condizioni imposte dall’uomo, e di riprodursi in maniera efficace, si sono spesso dimostrati utili (aiutando nella caccia, come cibo, come forza lavoro etc.) e quindi sono rimasti per molte generazioni a stretto contatto con l’uomo, che ha deciso quali soggetti far riprodurre in base alle proprie esigenze: ad esempio i più mansueti, quelli che producevano più latte e così via.

In alcuni casi il processo è proseguito per centinaia o migliaia di anni e allora si è verificata quella che comunemente è conosciuta come domesticazione. Si possono dunque definire domestici il cane, il gatto, il cavallo, la vacca ed altre specie che, soprattutto in passato, popolavano le nostre campagne.

Circa a metà degli anni ’50 dello scorso secolo, lo stretto rapporto che esisteva fra uomo ed animali è andato sempre più diminuendo a causa di alcuni fenomeni, fra cui il passaggio dalle campagne alla città.

I cosiddetti “animali da reddito”

Sono diventati sconosciuti ai più e ritenuti esclusivamente “buoni da mangiare”. Contemporaneamente, il rapporto con i cosiddetti “animali da compagnia” è profondamente mutato, fino a renderli “buoni da pensare” ma per molti versi ritenuti inutili. E’ a questo punto che si è affacciata sul panorama scientifico una nuova disciplina: la zooantropologia. Questa si occupa della relazione uomo animale, analizzandola da diversi punti di vista: la storia, l’evoluzione, l’importanza che ha avuto e tuttora ha per il singolo e l’intera specie umana.

In zooantropologia, come in altre discipline (ad esempio la bioetica animale, che studia i diritti degli animali ed i doveri degli uomini nei loro confronti, soprattutto in certe pratiche quali l’allevamento e la sperimentazione) l’animale assume un ruolo fondamentale. Anzi, generalmente non si parla di animali, ma di animali non umani, per sottolineare la nostra vicinanza a quelle specie con cui condividiamo tanta storia e tanti aspetti anatomici, fisiologici e comportamentali.

La zooantropologia si propone poi di sfruttare le conoscenze ottenute grazie alla ricerca teorica per applicarle in molti ambiti in cui la relazione uomo-animale non umano non è ottimale o, al contrario, può favorire la risoluzione di problemi che si riscontrano nelle persone.

PROBLEMI DI COMPORTAMENTO

La zooantropologia applicata può ad esempio rappresentare un tipo di approccio alla medicina comportamentale animale, ed allora si parla di zooantropologia consulenziale. In questo caso un animale d’affezione che presenta un comportamento problematico viene condotto da uno specialista (comportamentalista), il quale si concentra sul rapporto instaurato fra il proprietario ed il suo animale per individuare il problema e le possibili soluzioni. Oppure si opera in maniera preventiva, ad esempio fornendo informazioni utili a coloro che intendano adottare un animale, per creare un giusto abbinamento ed evitare l’insorgere di futuri problemi.

UNA COMUNITA’ NON SOLO UMANA

A volte le attività di zooantropologia applicata permettono di intervenire sulla relazione fra persone ed animali non di proprietà, ad esempio nel contesto urbano: può pertanto operare nei canili e nei gattili, per facilitare l’adozione dei soggetti presenti ed il loro benessere, oppure agire sulla percezione che la collettività ha degli animali in generale o di una particolare specie (ad esempio delle colonie feline o dei piccioni) per migliorarne la convivenza. In questo caso si parla di zooantropologia urbana.

Ma la zooantropologia applicata,

Partendo dal presupposto che la relazione che si instaura fra uomo ed animale non umano assume un valore enorme, si spinge oltre. Questa interviene quindi nelle scuole, grazie alla cosiddetta zooantropologia didattica, dove ai bambini si insegnano non soltanto nozioni sanitarie o sul comportamento degli animali, ma anche sul modo corretto di avvicinarsi ad un animale, di gestirlo in casa e fuori eccetera.

In questo modo è possibile prevenire alcuni incidenti che purtroppo riempiono le pagine dei giornali ed al contrario aumentare nei bambini la capacità di prendersi cura degli altri, di assumersi le proprie responsabilità e di saper osservare e lavorare in gruppo. Ma soprattutto, facendo riferimento all’animale, alla sua diversità ed alle sue esigenze, si cerca di insegnare il rispetto per tutto ciò che è diverso.

Del resto è ben noto che crescere con un animale apporta numerosi benefici nel bambino, che da adulto probabilmente avrà meno difficoltà a relazionarsi con gli altri, sarà meno pauroso nei confronti degli animali e forse svilupperà anche meno problemi organici (ad esempio si pensa che diminuisca la probabilità di essere allergici).

Infine la relazione uomo-animale non umano può essere sfruttata laddove esistano situazioni problematiche, siano queste da considerarsi patologiche o meno. Nel primo caso si parla di un approccio zooantropologico alle terapie coadiuvate da animali (ad esempio con disabili), mentre nel secondo si tratta di attività coadiuvate da animali (ad esempio nelle case di cura).

Questi interventi, che più comunemente sono denominati “pet therapy”, hanno subito una massiccia diffusione negli ultimi anni anche in Italia, con risultati spesso incoraggianti anche se non sempre valutati scientificamente e normalmente rimasti incompresi nel loro meccanismo d’azione.

Infatti, per capire come e perché queste attività funzionano, e soprattutto per programmare e svolgere delle attività che siano realmente efficaci e invece non apportino danni, è necessario ammettere che non è l’animale ad apportare beneficio in sé, ma la relazione con l’animale, la possibilità di fare riferimento ad esso, di instaurarci un dialogo che sia libero, privo dei rigidi vincoli della comunicazione verbale, senza paura del giudizio dell’altro.

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