Come si diventa cani attori

Non è assolutamente paragonabile a quello per l’obbedienza classica, per i brevetti o per altri fini utilitaristici, ma è uno specifico sistema volto ad antropomorfizzare (cioè renderlo un “umano a quattro zampe”) il cane.

A cura di CLAUDIO MANGINI – Animal Trainer

Addestramento di un cane per il set

É un processo lungo e delicato per il quale le varie forme di condizionamento sono inutili, in quanto verrebero meno “l’interpretazione del ruolo” e la naturalezza dei movimenti a cui viene preferito, semmai, l’insegnamento dei vari “targhet”. Si tratta di soggetti iper addestrati, molto ben socia-lizzati e fanno da sfondo, o addirittura da protagonisti, nel 40% degli spot pub-blicitari e dei film attual-mente in circolazione.

Da Lassie a Rin tin tin, da Beethoven a Rex

Ognuno di loro ha lasciato un segno nella storia del cinema fino a far diffondere le rispettive razze d’appar-tenenza, moltiplicandone in alcuni casi gli allevamenti a dismisura. Si inizia presto; fin da cuccioli. Lo scopo non è solo quello di impartire i primi comandi base, ma soprattutto rafforzare psico-logicamente il cane, cercan-do di infondergli una gran sicurezza di se e un buon potere decisionale, limitan-done al tempo stesso l’ini-ziativa.

“Leadership” e “coopera-zione” sono le due parole chiave, unite ad una massiccia opera di socializzazione inter e intraspecifica che permetteranno al cane di affrontare successivamente l’ambiente del set, dove il trambusto, altri animali, il caldo procurato dai potenti riflettori, le grida con il megafono e quant’altro, non devono influenzarne il comportamento nè lo stato emotivo, il quale deve sempre rimanere in una soglia accettabile al fine di evitare traumi o l’accumulo di stress.

Il compito di ogni bravo animal trainer è infatti quello di rendere piacevole l’ambiente di lavoro, cercando di capire profondamente i limiti del cane senza chiedergli mai più di quanto possa dare. Per questo non tutti i cani sono adatti a fare tale mestiere; così come non tutti gli esseri umani sono in
grado di recitare.

I “cani attori” sono sottoposti ad un lavoro ed ad una relazione quotidiana con il loro trainer che può durare mesi, se non anni, e ci vogliono soggetti con particolari predisposizioni naturali.

La bellezza, da sola, non basta

Precisione millimetrica delle posizioni, delle inquadrature; campi di manovra molto ristretti, comandi facciali, posturali ed emotivi: queste sono le basi del lavoro; un lavoro sempre più esigente a causa delle sceneggiature che questi simpatici animali sono chiamati ad interpretare.

Non esistono scuole o corsi per diventare “cani attori” e diffidate dunque da chi vende casting o vi alletta dicendovi che il vostro cane “è interessante”, facendosi dare poi del denaro per inserirlo in un database che le grandi produzioni difficilmente guarderanno. Nessun regista o produttore metterebbe mai a repentaglio una o più ore di costosissimo set se non fosse più che sicuro dell’effettiva preparazione del cane e dell’animal trainer che lo dirige.

Ci hanno appassionato con la loro spontaneità, la loro freschezza e la loro simpatia: i cani (e non solo!) del piccolo e del grande schermo potrebbero a buon diritto definirsi dei veri e propri VIP, ossia dei very important… pet! Spesso però ci scordiamo che esistono anche degli autentici eroi a quattrozampe, dei cani realmente esistiti che sono stati capaci di compiere delle grandi imprese e che, per tutto questo, forse non saranno mai abbastanza ricordati e ammirati.

Balto… e gli altri

Alaska, gennaio 1925: nel centro abitato di Nome scoppia una violenta epidemia di difterite. La situazione è molto grave. Uno dopo l’altro, i bambini di Nome si ammalano e muoiono. Il medico locale, Curtis Welch convoca un consiglio d’emergenza: la cittadina viene messa in quarantena e si decide di ordinare un milione di fiale di antitossina per scongiurare
l’epidemia di difterite. Ma qui iniziano i problemi. La scorta più vicina si trovava ad Anchorage, la capitale.

Millesettecento chilometri separavano le due città. La ferrovia arrivava solo fino a Nenana, a quasi mille chilometri da Nome. Il maltempo e gli iceberg non permettevano di far arrivare i soccorsi per nave o tramite aereo. Furono i cani da slitta a salvare i bambini di Nome in una disperata “corsa del siero”. Venti mute di cani coprirono la distanza che separava Nenana da Nome: 674 miglia in circa 127 ore e mezzo con una temperatura media di 40 gradi sotto zero. Balto entrò in città il 2 febbraio del 1925, col suo prezioso carico, salvando dalla morte e dalla disperazione gli abitanti del paese. Insieme a Balto potremmo citare moltissimi altri nomi.

Come non ricordare, ad esempio, la dolcissima storia dello sfortunato Hachi, il fedele Akita bianco di Shibuya (Giappone)? Ogni giorno il piccolo Hachi attendeva alla stazione il proprio padrone, il professore Ueno. Quando questi morì, Hachi non si dette per vinto: ogni giorno ritornava speranzoso presso i binari dove era solito aspettarlo. Finché visse non mancò mai all’appuntamento, dando un esempio di fedeltà che ha commosso il mondo intero.

Ma il mondo della cinofilia ci regala storie che arrivano a sfiorare la leggenda. È il caso del levriere San Guinefort, vissuto nel XIII secolo vicino a Lione, che divenne oggetto della devozione popolare a seguito della sua triste storia. Ucciso per un tragico equivoco dal proprio padrone, si narra che la sua tomba divenne lo scenario di numerosi miracoli.

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