Che cos’è la domesticazione?

Che cos’è la domesticazione? Cosa si intende per animale domestico? Che differenze ci sono tra i vari termini come “animale addomesticato” e “selvatico”? Cerchiamo di capirlo insieme…

A cura della Dott.ssa SARA MAFFI Laureata in Scienze e Tecnologie delle Produzioni Animali Specializzata in Interazione Uomo-Animale

Domestico a chi?

Secondo gli studiosi la domesticazione “è una condizione in cui l’allevamento, la cura e l’alimentazione degli animali sono più o meno controllati dall’uomo. Una popolazione è resa domestica dalla situazione di cattività e da pratiche di allevamento” (Bokony, 1969; Hale, 1969; Clutton Brock, 1977).

C’è poi chi sostiene che essa sia “un processo evolutivo che implica un adattamento genotipico ad una situazione di cattività” (Price e King, 1968), ma anche “un processo attraverso il quale una popolazione animale si adatta all’uomo ed ad una situazione di cattività attraverso una serie di modificazioni genetiche che avvengono nel corso di generazioni e attraverso una serie di eventi di adattamento prodotti dall’ambiente e ripetuti per generazioni” (Price, 1984).

Selvatici, ammansiti, addomesticati

Per contro, gli animali selvatici sono quelli che vivono in libertà nel loro ambiente naturale senza essere influenzati dall’uomo. Gli animali ammansiti, invece, sono quelli che, attraverso l’esperienza, hanno imparato a non avere paura dell’uomo e lo riconoscono come una fonte di protezione e di cibo.

Essi però non sono direttamente controllati, ossia non vengono allevati dall’uomo e sono ancora sotto la selezione naturale. Gli animali addomesticati invece sono quelli resi più o meno docili e trattabili dall’uomo, dal quale vengono allevati. La loro riproduzione, però, dipende ancora dalla selezione naturale.

Ciò che distingue e fa sì che una specie animale possa essere considerata domestica è la selezione artificiale operata dall’uomo.

Animali domestici

Ciò che distingue e fa sì che una specie animale possa essere considerata domestica è la selezione artificiale operata dall’uomo. In altre parole, l’uomo interviene direttamente e controlla la riproduzione di questi animali. In tal modo gli animali domestici hanno sviluppato, nel tempo, determinate caratteristiche morfologiche, fisiologiche, comportamentali e genetiche per le quali differiscono dai loro progenitori selvatici. La domesticazione è quindi un processo evolutivo graduale che è difficile da misurare. Essa può essere considerata come il risultato di un adattamento, se i cambiamenti che essa comporta sono ereditabili, si può parlare di adattamento evolutivo.

“Domestication is more than Taming”, ossia: “La domesticazione è più dell’addomesticamento” (Darwin, 1859 e 1868).

Le condizioni giuste

Ovviamente non tutte le specie sono ugualmente predisposte ad essere rese domestiche. Le caratteristiche comportamentali che giocano un ruolo fondamentale in questo senso sono: la socialità elevata, con ordine gerarchico, ossia quelle specie che vivono in gruppi e tendono a formare delle gerarchie sociali al loro intero; l’imprinting e impregnazione, la caratteristica cioè di quegli animali che, se vengono a contatto con l’uomo nelle loro prime fasi di vita, tendono a sviluppare maggior confidenza nei confronti di esso mostrando quindi meno fenomeni di aggressività o paura; la promiscuità sessuale, che si ha in quelle specie i cui maschi e femmine non hanno difficoltà a vivere in gruppo.

Le specie animali che sono state domesticate dall’uomo appartengono tutte a due classi: – mammiferi: artiodattili, perissodattili, roditori e lagomorfi; – uccelli: anseriformi, colombiformi e galliformi. 

Adattabili e precoci

Altri fattori molto importanti sono: una bassa o scarsa territorialità; alimentazione non specializzata (onnivora o vegetariana), che privilegia quindi specie che riescono ad adattarsi a un’alimentazione fornita dall’uomo o che non entrano in competizione con le fonti di nutrimento dell’uomo; l’adattabilità ad ambienti diversi, che fa sì che gli animali soffrano meno stress dato da nuove condizioni di vita per loro non naturali e si adattino più facilmente alla nuova situazione; una buona indole che privilegia  specie non troppo paurose (breve distanza di fuga dall’uomo) e specie non tendenti all’aggressività; agilità limitata (permette all’uomo di avere un maggiore controllo dei soggetti); precocità, che consente alla selezione artificiale di agire più velocemente.

L’adattamento è quel “Processo di cambiamenti che di generazione in generazione porta gli organismi ad adottare meccanismi morfologici, fisiologici e comportamentali idonei per la sopravvivenza e la riproduzione” (Mainardi, 1992).

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