Appare sotto varie forme. A volte riesce perfino a salvare la vita al nostro amico, ma se è patologica può trasformare la sua esistenza in un inferno.
A cura della Dott.ssa CHIARA MARTINI – Medico Veterinario
Spesso trascurata dai padroni, la paura nel cane è un sentimento che può avere una seria influenza sul benessere del nostro beniamino…
Il Cane pauroso sempre all’erta
La paura può costituire il motivo principale di una visita comportamentale o, più spesso, essere un problema che emerge durante la consulenza. Nella maggior parte dei casi, però, è probabile che i proprietari non richiedano una visita comportamentale. I motivi possono essere tanti: magari non si accorgono del problema oppure non lo ritengono importante. In realtà il benessere del nostro amico a quattro zampe è fortemente legato all’assenza di paura.
La paura è un senso di apprensione associato alla presenza o alla prossimità di un oggetto, individuo, situazione o categoria sociale. La paura può essere una risposta non solo normale ma addirittura necessaria e positiva, soprattutto se sopraggiunge in un contesto pericoloso per l’animale. In quel caso, infatti, la paura è il risultato di un adattamento dell’individuo per proteggere se stesso. Generalmente la paura si manifesta con una risposta di intensità proporzionale allo stimolo che l’ha causata o alla percezione dello stimolo stesso.
Cani Fifoni
Quando compare al di fuori di un contesto rischioso o quando la sua intensità è eccessiva rispetto alla situazione, la paura risulta invece anormale o maladattativa. Quando notiamo una paura persistente e fuori proporzione rispetto al rischio reale si parla di fobia, che è un disordine comportamentale vero e proprio.
Le paure possono svilupparsi per cause diverse e spesso sono il risultato di una combinazione di fattori: inadeguata abituazione, esperienze negative, paure istintive ed influenze sociali. L’inadeguata o mancata abitudine del cane a certi luoghi, soggetti o oggetti può dare luogo a una risposta di paura nel momento in cui esso vi si imbatte. Esperienze avverse possono essere associate allo sviluppo di una paura intensa, specialmente se l’esperienza è stata particolarmente negativa. Alcune paure sono invece istintive, senza alcuna esperienza diretta con lo stimolo scatenante.
Mordi e fuggi
Il comportamento delle persone nei confronti degli animali paurosi può notevolmente influenzare le successive risposte dell’animale al medesimo stimolo che induce paura. A volte purtroppo i proprietari puniscono il cane quando manifesta una risposta di paura, inducendo spesso effetti
controproducenti.
Punire un comportamento pauroso può servire a rinforzare la percezione dell’animale secondo cui lo stimolo è qualcosa da temere, dato che si risolve in un’esperienza negativa. Quando un cane percepisce una minaccia, questo risponderà col modello “combatti o fuggi” oppure con quello dell’immobilità.
I segni di paura più comunemente osservati nel cane sono il tentativo di schermirsi, la fuga, l’immobilità e un comportamento aggressivo: il cane può infatti rispondere con un’aggressione quando la minaccia (ad esempio un uomo che si avvicina) persiste e l’animale non è in grado di ritirarsi o di scappare.
Abituati o sensibilizzati
La ripetizione dei contatti con uno stimolo precedentemente sconosciuto può produrre due tipi di evoluzione delle risposte comportamentali. In un caso l’animale presenta una diminuzione progressiva della durata e dell’ampiezza della risposta alla paura, e finisce per non reagire più.
Questo è il fenomeno dell’abitudine. Nell’altro caso, al contrario, si assiste ad un aumento crescente della risposta alla paura, che tende a fissarsi. Questo è il fenomeno della sensibilizzazione. Affinché si sviluppi l’abitudine concorrono, sembra, diversi fattori: lo stimolo sconosciuto è incontrato in un primo momento a debole intensità; l’animale può liberamente sottrarsi al contatto con lo stimolo; i contatti con gli stimoli si ripetono in modo regolare.
Quando queste condizioni non sono rispettate si sviluppa il processo di sensibilizzazione: crescono l’attenzione e la reattività, con una più forte tendenza alla fuga, aumenta la frequenza cardiaca e talvolta si hanno tremiti, se non addirittura reazioni di aggressività. La sensibilizzazione è inoltre spesso accompagnata dall’anticipazione emotiva, per la quale i comportamenti di paura compaiono prima ancora che lo stimolo sensibilizzante sia presente: si parla in questo caso di ansia.
Il cane quindi reagisce non solo allo stimolo sensibilizzante, ma anche agli stimoli che lo accompagnano, ad esempio allo scurirsi del cielo prima del temporale se il cane ha paura dei tuoni. In questo modo purtroppo, cresce il
numero degli stimoli che scatenano paura nell’animale.
Per evitare tutti questi inconvenienti, non appena adottato un cucciolo è bene consultare fin da subito un buon comportamentalista. Sarà un valido aiuto per abituare il proprio cane a varie situazioni e prevenire così problemi anche gravi nell’animale. Nel caso di un problema già instaurato,
applicando correttamente le terapie consigliate dal comportamentalista è possibile ridurre la paura nel cane e renderlo più gestibile. La terapia comportamentale specifica per ridurre la paura si basa sulla desensibilizzazione sistemica e sul contro-condizionamento.
La desensibilizzazione è una riduzione della risposta che deriva dall’esposizione graduale allo stimolo che determina la risposta. Questa tecnica prevede di presentare al cane lo stimolo scatenante inizialmente ad una distanza e/o intensità che non scatena reazioni avverse nel cane, per poi aumentarle progressivamente e gradualmente.
Nell’esposizione è fondamentale evitare di sottoporre il cane ad un livello dello stimolo in grado di evocare una risposta di paura. La tecnica è relativamente semplice da capire ma non sempre da attuare, per cui è consigliabile che il proprietario di un cane pauroso si rivolga a professionisti specializzati nella riabilitazione comportamentale.
Nel contro-condizionamento il comportamento negativo o indesiderato è estinto o controllato insegnando all’animale ad attuare un altro comportamento, preferibilmente gradevole e divertente, grazie a dei premi dati all’animale quando si comporta nel modo che desideriamo. Le ricompense sono diverse per ciascun cane e possono consistere in bocconcini, carezze o lodi. Alla terapia comportamentale a volte è necessario associarne altre quali farmaci, feromoni, omeopatia e fiori di Bach.
Quando intervenire?
Se il proprietario sa riconoscere le posture del corpo del cane, può agire quando opportuno per risparmiare al proprio amico uno stato di disagio. Prima di tutto, quando un cane manifesta comportamenti di paura è necessario escludere il coinvolgimento di altri problemi, ad esempio di tipo fisico. L’accertamento avviene grazie ad una visita veterinaria. Un cane che ha paura delle scale potrebbe ad esempio soffrire di patologie muscolo-scheletriche come l’artrite.
Talvolta dopo essere riusciti a controllare il problema primario, può però ancora essere presente una paura residua, dovuta all’effetto dell’associazione appresa. In ogni caso, bisogna sapere che la migliore delle cure è la prevenzione, cioè abituare fin da cucciolo il nostro amico a quattro zampe alle diverse situazioni che incontrerà nella sua vita futura.
Una strada in salita
Per raggiungere dei risultati è necessaria molta pazienza e un grande impegno da parte del proprietario, nell’affrontare sia una terapia comportamentale che farmacologica. Spesso sono necessarie molte settimane, se non mesi, per portare a termine il programma di modificazione comportamentale e i proprietari devono essere preparati ad affrontare eventuali ricadute.
La poca pazienza da parte dei padroni nell’attesa di osservare dei miglioramenti e la poca disponibilità (per svariati motivi) nell’affrontare la terapia limitano molto la buona riuscita
del recupero comportamentale del cane. Il successo terapeutico dipende anche dalla causa della paura. In caso di fobie che si sono sviluppate a causa di mancati contatti con gli stimoli nell’animale giovane, il recupero è più difficile rispetto a fobie post-traumatiche, il cui recupero è comunque lento e complesso.