Il cervello del cane

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Il cervello del cane

La convivenza con gli esseri umani ha inevitabilmente modicato le abitudini ma anche alcune funzioni cerebrali nel cervello del nostro amico cane. Vediamo come e perchè!

A cura di ARIANNA MOSSALI

Cane e uomo: un binomio inscindibile che prospera da ormai più di 30.000 anni, e che si è sviluppato in un’infinità di direzioni, da quella sportiva a quella terapeutica, come abbiamo avuto modo di esporre più volte anche in queste pagine. Ma in che modo questa convivenza ha influenzato lo sviluppo cerebrale di entrambe le specie?

Sviluppo del cervello del cane nei secoli

Il progetto Canine Brain Atlas del Dipartimento di etologia dell’ELTE Eötvös Loránd University di Budapest, guidato dalla ricercatrice Dora Szabo, ha fornito qualche risposta a questo affascinante quesito.
Come spesso accade nella storia della scienza, lo studio, avviato con finalità di comprensione di fenomeni cerebrali complessi come le crisi epilettiche e il sonno, ha del tutto casualmente preso un’altra direzione, andando ad evidenziare il ruolo fondamentale di alcune regioni nervose (la corteccia cingolata e i lobi frontali laterali) nei processi logici dei mammiferi.

Mappa cerebrale canina

Soggetti dello studio sono stati alcuni cani addestrati per il supporto a persone con fragilità sociali e relazionali. Una scelta, giustificata dal fatto che i cani da assistenza, avendo ricevuto un addestramento che li porta a mantenere fermamente la propria posizione anche in presenza di stimoli esterni forti, sono in grado di rimanere perfettamente immobili nello scanner per il tempo necessario a rilevarne l’attività neuronale in condizioni di riposo.

il cervello del cane con la suaproprietaria

La “mappa cerebrale canina” che ne è scaturita ha non solo fornito uno schema delle connessioni necessarie a svolgere le funzioni biologiche di base, ma anche dimostrato che, per i cani, le reti nervose situate nel lobo frontale laterale (che nell’essere umano sono deputate alla risoluzione dei problemi logici e al mantenimento del comportamento necessario al conseguimento degli obiettivi) non sono così fondamentali come per noi, mentre protagonista assoluta del comportamento canino è la cosiddetta “corteccia cingolata”, una regione profonda della corteccia cerebrale.

Questo conferma che per l’essere umano il ragionamento logico e le funzioni verbali hanno assunto, in migliaia di anni di evoluzione, un ruolo primario in tutti gli aspetti della vita quotidiana, dell’apprendimento e della socialità.

I risultati della ricercasul cervello del cane

In parallelo, questa scoperta ha fornito anche una spiegazione convincente sul perché le terapie “umane” per l’epilessia, sperimentate sui cani, non abbiano dato i risultati sperati. Infatti, i farmaci semplicemente colpivano l’area cerebrale sbagliata, mentre i moderni farmaci veterinari antiepilettici hanno un effetto generale su tutto il sistema nervoso.

I ricercatori hanno, inoltre, misurato l’estensione delle reti neuronali di cani di diverse età e razze, confrontando successivamente i risultati per capire fino a che punto l’avanzamento dell’età incidesse sui riflessi e sulle capacità intellettive.

È emerso che i cani anziani (il più vecchio coinvolto nell’esperimento aveva 14 anni) faticavano maggiormente a mantenere la posizione statica nello scanner, ma mantenevano comunque un eccellente livello di controllo dei centri nervosi deputati all’esecuzione di un comando.

Aumento del volume cerebrale

C’è dell’altro: secondo un’altra recente ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Evolution, il cervello canino sarebbe aumentato considerevolmente di volume nell’arco degli ultimi 150 anni. A cosa ciò sia dovuto e a quali sviluppi questa scoperta possa portare, è ancora presto per dirlo: quel che è certo è che un maggiore volume cerebrale corrisponde a un maggiore numero di connessioni, e pertanto a nuove capacità che potrebbero stupirci.

Cane guida dimostra le sue capagità del suo cervello

Un dato sorprendente, se si pensa che le pratiche di addomesticamento e allevamento sistematico di animali un tempo selvatici, come gatti e animali da cortile, tende semmai a ridurre la superficie deputata alle connessioni neuronali.

Ciò si deve alla relativa comodità della convivenza con l’umano, che di fatto elimina tutta una serie di sfide quotidiane necessarie alla sopravvivenza, come quella di reperire il cibo, permettendo al cervello animale di “impigrirsi” rispetto a quello specifico campo di azione.
I cani quindi sembrano costituire l’unica eccezione alla regola.

Le conseguenze della convivenza con l’uomo

Per quanto riguarda i cani ai tempi della loro prima domesticazione, si ebbe una prima riduzione cerebrale relativa all’accoppiamento, alla fuga dai predatori e alla caccia, per poi tornare ad un progressivo accrescimento nel corso di migliaia di anni.

Gli esperti hanno preso in esame 159 razze canine di tutte le taglie, provenienze e fogge, più alcuni lupi, dimostrando come la convivenza con l’uomo abbia innescato una modesta crescita delle parti cognitive del cervello dei cani. In particolare, tale crescita si è rivelata essere più accentuata nelle razze che più si discostano dagli antenati lupoidi per morfologia, quindi nelle razze cosiddette “neoteniche” e nei molossoidi.

Ma perché questa apparentemente contraddizione? Secondo i ricercatori, tale sviluppo del cervello dei cani è da attribuire sia a fattori esclusivamente genetici, sia ai compiti sempre più complessi che ai nostri compagni a quattro zampe viene richiesto di svolgere, man mano che la società in cui si sviluppa la relazione uomo-cane diventa sempre più antropocentrica e emergono sempre più settori in cui le mirabolanti capacità canine possono essere utili.

Disegno di un non vedente con il suo cane

Pensiamo, ad esempio, ai cani da salvataggio, da ricerca stupefacenti ed esplosivi, da assistenza disabili o da pet therapy: veri e propri professionisti a quattro zampe che, attraverso un approccio ludico, imparano a svolgere compiti complessi di vitale importanza per la società umana. La necessità di doversi muovere in un ambiente così strutturato potrebbe dunque avere influito sulla crescita cerebrale di Fido.

Tipologie di intelligenza

Questo ambito di ricerca è sicuramente affascinante e tutto da scoprire, sta di fatto che quando pensiamo all’intelligenza dei cani dovremmo, come per gli umani, pensare a tanti tipi di intelligenze diverse.
La capacità di apprendere dei comandi, quella di agire in situazioni sociali, o di prendere iniziative in assenza dell’umano, sono tutti da vedere come talenti canini e caratteristiche che li rendono unici: scopriamoli divertendoci a trascorrere del tempo insieme a loro!

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