MACROREBDOSI: lo stomaco degli uccelli non funziona

Può colpire cocorite, canarini, cardellini e in generale i pappagalli di piccola taglia: sempre letale per i nidiacei, dà filo da torcere anche agli adulti. La Macrorabdosi è una malattia infettiva da non sottovalutare…

Dott. GINO CONZO – Medico Veterinario Specialista in Patologie Aviarie

Un fungo assassino?

Conosciuta negli anni passati sotto diversi appellativi (Micosi 80, Megabatteriosi, Proventricoliteinfettiva) la Macrorabdosi è una malattia infettiva sempre più frequentemente rilevata negli allevamenti di uccelli ornamentali. I tanti nomi dati in passato alla Macrorabdosi evidenziano la
difficoltà che i ricercatori hanno avuto fin dall’inizio nell’individuare cos’è che sta alla base della malattia: in alcuni casi si è pensato a un batterio, in altri a un fungo.

Attualmente gli esperti propendono per quest’ultima ipotesi, attribuendo al micete Macrorhabdus ornithogaster la responsabilità della malattia.

Il significato del nome di questo fungo (grosso modo traducibile con: “grande bastoncello dello stomaco degli uccelli”) definisce perfettamente le caratteristiche principali di questo microrganismo. Il Macrorhabdus, infatti, appare al microscopio come un lungo bastoncello, molto più grande dei comuni batteri. Il Macrorhabdus nel volatile infettato si trova nel proventricolo, vale a dire lo stomaco ghiandolare degli uccelli.

Stomaco alcalino

Il fungo colpisce la mucosa dello stomaco e delle sue ghiandole, causando infiammazioni e alterazione delle funzioni digestive del volatile. Gli uccelli affetti da Macrorabdosi, infatti, mantengono generalmente l’appetito, ma progressivamente dimagriscono. Non di rado si rinvengono nelle loro
feci semi od altri alimenti indigeriti.

Poiché il Macrorhabdus induce un’alterazione del pH gastrico (lo rende più alcalino), questa malattia predispone ad ulteriori infezioni batteriche, in particolare quelle da Enterobatteri, che prosperano in ambienti alcalini. Ciò aggrava il quadro sintomatologico della patologia fino a condurre a morte i malcapitati volatili.

Negli uccelli infetti si osserva spesso un aumento del volume dello stomaco ghiandolare, rilevabile come una grossa protuberanza a sinistra dell’addome del volatile.

La diagnosi della Macrorabdosi – facile da eseguire nei volatili morti dei quali possiamo agevolmente esaminare la mucosa gastrica – è molto più difficile per gli animali vivi. In genere si esegue un esame microscopico, a partire da uno striscio fecale. Purtroppo l’osservazione dei funghi appare
semplice solo in caso di gravi infezioni.

La prevenzione? Acqua acida!

Al momento l’unica molecola attiva nei confronti del Macrorhabdus è l’Amfotericina B che può essere somministrata per via orale diretta o, nel caso si renda necessario trattare molti volatili, nell’acqua di bevanda. Visto che spesso la Macrorabdosi è complicata da infezioni batteriche, si può fare un trattamento antibiotico per evitare che la malattia si aggravi.

Una buona prevenzione la Macrorabdosi, come per altre infezioni gastroenteriche degli uccelli, consiste nell’acidificare leggermente l’acqua da bere in modo da rendere l’ambiente gastroenterico sfavorevole alla colonizzazione del Macrorhabdus.

Le specie sensibili

La malattia è stata descritta per la prima volta agli inizi degli anni ’80 in Cocorite e Canarini per essere diagnosticata, negli anni a seguire, anche in Cardellini ed altri Fringillidi, Diamanti australiani, Calopsitte ed altri
pappagalli di piccola taglia.

E’ probabile che il Macrorhabdus sia presente nella flora microbica di varie specie di uccelli selvatici nei quali non parrebbe svolgere un importante ruolo patogeno. La malattia è particolarmente grave nei nidiacei, ma può risultare mortale anche nei soggetti adulti.

© Riproduzione riservata