La casa dei serpenti seconda parte

Tutti i terrari devono poter essere aperti, per molti motivi: per igienizzare l’ambiente, per spostare o rimuovere esemplari, ma anche per fare fotografie o altro.

a cura di Angelica D’Agliano leggere la prima parte

Il terrario si apre in genere frontalmente.

Una delle soluzioni più gettonate è l’apertura a due o più ante scorrevoli, con le lastre che si muovono lungo due binari parallelamente fra di loro. Molto diffusa è anche l’apertura “a ghigliottina”, adatta a terrari piccoli, e in genere adottata perché non richiede altri sistemi di chiusura.

I materiali di costruzione…

Sono tra i più disparati, e ognuno ha le sue caratteristiche.

Vetro: è una delle materie più care, ma anche delle meno deteriorabili. Si pulisce con facilità, non si opacizza e ha una resa estetica davvero notevole. I terrari in vetro di solito sono assemblati col silicone (meglio usare una marca antimuffa!). Nel caso di contenitori molto grandi è bene che le lastre siano un po’ più spesse del normale (6 mm sarebbe l’ideale).

Legno: è un isolante naturale, sia per quanto riguarda il calore sia per l’umidità. Il problema del legno è che viene attaccato facilmente dalla muffa (dovrebbe essere trattato con vernici speciali), si disinfetta con fatica e inoltre certe specie possono rosicchiarlo. I terrari in legno di solito hanno un’apertura frontale in vetro o plexiglas.

Plastica: pratica e facilmente lavabile, è molto usata per le esposizioni, nei negozi, come contenitore per trasportare gli animali e come “fauna-box”, cioè come terrario provvisorio, ad esempio quando dobbiamo mettere un esemplare in quarantena. Il problema della plastica è che col tempo si opacizza. Rete e metallo: trovano impiego per rettili come camaleonti e grossi sauri. Sono soluzioni adatte all’esterno e che garantiscono un buon  circolo dell’aria.

Al punto giusto

La temperatura è importantissima per il benessere dei nostri ospiti e dipende da diversi fattori: esposizione del contenitore, vicinanza a fonti di calore come termosifoni e temperatura della stanza.

Controllate sempre la situazione del vostro terrario con un buon termometro analogico (di quelli che misurano e memorizzano le minime e le massime) così vi renderete conto se il vostro terrario è un ambiente confortevole… o un piccolo forno!

Un buon terrario dovrebbe fornire zone più calde e zone più fredde per permettere agli inquilini di regolarsi al meglio e dovrebbe riprodurre i cicli stagionali dell’habitat delle specie ospitate.

La temperatura in un terrario si condiziona usando degli strumenti in grado di emettere calore. I più comuni in commercio sono le piastre o tappeti, le rocce, le lampade e i cavi.

La piastra riscaldante:

si posiziona tra il piano di appoggio e la base del terrario. Le dimensioni delle piastre variano a seconda della loro potenza, espressa in Watt. Cercate sempre un tappeto riscaldante che anche dopo molte ore di funzionamento riesca a mantenere una temperatura non superiore a quella idonea per la vostra specie.

Il cavo riscaldante:

è una delle soluzioni migliori, perché a seconda di come lo posizioniamo riesce a creare nel terrario delle zone a differenti livelli di temperatura. L’ideale è acquistare cavetti per acquari, che non temono l’umidità e si adattano benissimo anche ai terrari, e posizionarli sempre al di fuori del contenitore per evitare ustioni e incidenti.

Le lampade:

possono essere in ceramica, in grado di raggiungere temperature davvero alte, o a spot, usate nei terrari di sauri per ricreare i cosiddetti bagni di sole. Esistono anche lampade notturne, che con la loro luce tenue ci permettono di osservare l’attività delle nostre specie notturne senza disturbarle. Tutte i rettili vegetariani necessitano inoltre di una lampada a raggi UVB, indispensabile per la sintesi della vitamina D3 che in natura è garantita dall’esposizione di questi animali alle radiazioni solari.

Le rocce riscaldanti:

non possono essere usate come strumento principale di riscaldamento del terrario. Molte specie mostrano un certo gradimento nei confronti delle rocce, purché non siano a temperature troppo elevate (non oltre i 25 gradi)!

L’umidità

Si tiene sotto monitoraggio con uno strumento chiamato igrometro, che non può mancare in qualsiasi terrario degno di questo nome. L’umidità nel contenitore si può condizionare con vari stratagemmi. Per innalzarla si può ricorrere a nebulizzatori, gocciolatori o cascate artificiali create con una pompa per filtro (di quelle che si usano in acquariofilia).

Altri sistemi efficaci sono mettere una spugna bagnata nel terrario, ospitare piante vere, usare recipienti per l’acqua che abbiano un superficie piuttosto ampia, per favorire l’evaporazione. Al contrario, se l’umidità è troppa e la si vuole abbassare si possono ingrandire le prese d’aria o si può ricorrere a un deumidificatore.

Il circolo dell’aria

Si garantisce con due griglie, dette griglie di aerazione, che devono essere posizionate una sulla parte inferiore e l’altra sulla parte superiore.

In questo modo si otterrà un buon ricambio dell’aria all’interno del contenitore, preservando così l’ambiente dalla formazione di muffe e evitando dannosi innalzamenti di temperatura.

I substrati

Sono estremamente vari e spaziano dalla semplice carta di giornale fino alle soluzioni più complicate, come la terra vera o i pezzi di corteccia.
Tra i materiali più economici e igienici ci sono il già menzionato giornale, ma anche la carta bianca e il prato sintetico.

I substrati più spettacolari sono la sabbia, la ghiaia per acquari, la terra e i pezzi di corteccia. A differenza della carta, questi materiali non sono adatti a tutte le specie (spesso alcuni di questi possono venire ingeriti) e inoltre sono di difficile gestione, oltre che di costo elevato.

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