In Italia il giro d’affari totale generato dalle vendite online ecommerce da parte di consumatori privati si aggira intorno a più di 37 miliardi di euro.
A cura di SILVIA BOSIO
Ecommerce in Italia acuisti con un semplice clik
Gli italiani, tra Amazon e non, acquistano con un click il 6,5% di tutto ciò che gli occorre, il 16% in più rispetto all’anno precedente. Pur avendo a disposizione questi dati, stimare il fatturato di Amazon in Italia – che ricordiamo è arrivato solo nel novembre 2010 – non è cosa facile, soprattutto perchè l’azienda custodisce gelosamente i suoi numeri.
Una cosa però è certa, Amazon investe in Italia con poli logistici da decine di migliaia di metri quadri perché reputa il nostro paese un mercato emergente dalle grandi potenzialità di crescita. E gli oltre 13 milioni di clienti già acquisiti nel nostro paese confermano questa tesi. Ma qual è l’impatto ambientale di questa crescita? Estrema praticità a prezzi super bassi possono essere compatibili con l’obiettivo dichiarato di diventare “green”?
L’impegno di amazon verso una struttura green
Il gigante dell’e-commerce si muove anche sul fronte ambientale anche se il suo modello di business sembra difficile da integrare con lo sforzo contro la crisi climatica. Numerosi rapporti indicano che ci sono costi ambientali enormi per la spedizioni ultra veloci a cui Amazon ha abituato i suoi clienti. Le tanto vantate spedizioni “same day”, ovvero consegnate nello stesso giorno dell’ordine, hanno come ovvia conseguenza quella di aumentare il numero dei mezzi in consegna sulle nostre strade senza consentirne una gestione efficiente. In altre parole, più ordini significano più emissioni; più consumiamo più risorse chiediamo all’ambiente.
La gratificazione istantanea
Il problema è che l’estrema facilità e praticità di acquisto incoraggia inevitabilmente i consumatori ad acquistare più prodotti, il che si trasforma in più cartone che non viene riciclato e più materiali di imballaggio in plastica che finiscono in discarica. Se la redditività di Amazon, quindi, si basa sulla soddisfazione di una dipendenza da “gratificazione istantanea” non sarà un compito semplice modificare le abitudini di acquisto in nome della salvaguardia ambientale.
Piu efficenza piu consumo
E qui nasce quello che potrebbe essere definito il paradosso di Amazon: se da un lato l’azienda dichiara di impegnarsi ad aumentare la sua efficienza per arrivare a zero emissioni nel 2040, gli stessi sforzi per ridurre costantemente i costi e aumentare l’efficienza sono destinati ad incrementare la domanda dei consumatori.
In altre parole, più efficiente diventerà il sistema, più consumeremo. Non importa quali veicoli utilizzeremo, più consumeremo, più risorse complessive saranno necessarie. Chiedere ad Amazon di essere consapevolmente meno efficiente nella sua gestione logistica è davvero un pensiero troppo lontano.
Ecommerce in Italia una possibile soluzione
La soluzione a lungo termine potrebbe passare dall’educazione ad un acquisto consapevole, che preveda ordini complessi, evitando carrelli monoprodotto e prestando attenzione a quanto ordinato, con l’obiettivo di ridurre al minimo i resi, che altro non fanno che chiedere nuove risorse.
Un altro aiuto potrebbe arrivare da un nuovo concetto di urbanistica, che preveda dei centri di distribuzione condominiali per gli acquisti effettuati online, con il doppio risultato di ricreare la figura professionale del custode e di ottimizzare le consegne da parte dei corrieri.
Impegno individuale
Se da un lato le aziende si stanno muovendo nella giusta direzione, perché ormai è chiaro a tutti che il tempo a disposizione è limitato, come individui dobbiamo invece fermarci un attimo e pensare se abbiamo davvero bisogno di quell’ordine consegnato due ore dopo aver fatto clic sul pulsante “acquista”. Come società, infine, dobbiamo essere in prima linea nella ricerca di soluzioni che si traducano in cambiamento positivo per tutti, cominciando a pensare che ciascuna persona nel suo quotidiano può fare tantissimo.
Cosa resterà dopo Amazon…..
Lo stesso Jeff Bezos ha dichiarato che Amazon non è troppo grande per fallire. La storia insegna che la durata della vita delle grandi aziende supera i 30 anni ma difficilmente i 100.
Sempre Bezos avverte i suoi che l’inizio della fine avverrà nel momento in cui l’attenzione spasmodica che oggi Amazon riversa sui suoi clienti, inizierà a spostarsi su se stessi. A quel punto i pilastri, su cui il colosso appoggia il suo successo quasi planetario, pian piano inizieranno a sgretolarsi; facendo crollare uno degli imperi economici privati tra i più grandi mai registrati.
…e cosa lascera alle sue spalle Amazon?
Quando l’impero di Seattle si spegnerà, l’unica cosa certa è che il panorama del retail sarà irriconoscibile. Tutti coloro che sono nati nel ventesimo secolo o all’inizio del ventunesimo, tra negozi e centri commerciali e poi travolti dall’avanzata prorompente dell’ecommerce; dovranno ripensare le loro concezioni di acquisto online, di multicanalità e di negozio.
Probabilmente tornerà il bisogno di qualcosa da “toccare prima di comprare” e la voglia di sentirsi speciali, di ricevere un trattamento personalizzato. Vero, senza che questo sia guidato dalla più sofisticata tecnologia di intelligenza artificiale disponibile in quel momento.
Sembra incredibile che l’azienda più cliente-centrica del mondo, che mette al primo posto del suo credo l’ossessione per il cliente invece che l’attenzione verso la concorrenza, non riesca a farti sentire speciale.
Il cliente come un ingranaggio
E da qui nascono quelle che potrebbero sembrare le altre contraddizioni: Amazon distrugge la vendita nel canale fisico e poi apre i negozi. Amazon sostiene i suoi venditori ma poi li induce ad una concorrenza letale. Inoltre vuole vendere tutto ma poi fa scappare i grandi brand, Amazon punta alla sostenibilità ma poi incoraggia un sistema distributivo tutt’altro che verde.
E’ comunque campione nel soddisfare meglio di chiunque altro il bisogno quotidiano di oggetti, con prezzi bassi e consegne velocissime. Non è invece in grado di far sentire il suo cliente unico, lo fa sentire come l’ingranaggio più piccolo all’interno di una macchina immensa.
Come acquisteremo in futuro
Forse il futuro sarà acquistare su Amazon quello che ci serve subito e a poco; e nei negozi quello che desideriamo, privilegiando l’esperienza a discapito del risparmio.
I grandi brand che hanno capito questo stanno già abbandonando il marketplace per evitare, solo per fare un esempio; che l’esperienza di acquisto di un solitario di Tiffany possa diventare simile a quella di bibite consegnate in due ore dall’ordine a Milano.
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