Se il crociato del cane si rompe?

Alcune domande in riferimento alla rottura del crociato di un cane.

A cura del Dott. CARLO MARIA MORTELLARO – Medico Veterianrio

La rottura del legamento crociato colpisce solo i cani di grossa taglia?

FALSO

La rottura del legamento crociato interessa tutte le razze e può manifestarsi a tutte le età. Certo: i cani giovani/adulti e di peso superiore ai 15 kg sono sicuramente i soggetti più a rischio. Ma ciò non significa che da tale rischio siano esenti i cani di piccola taglia che specie se sovrappeso, anziani e, magari, portatori di pregresse malattie (ad esempio, la lussazione di rotula) possono assai facilmente rompere i loro crociati.

La causa più frequente della rottura del legamento crociato di un cane è un trauma?

FALSO

I traumi acuti (in particolare l’iperestensione violenta del ginocchio, o la sua rotazione interna improvvisa) sono sicuramente una possibile causa di danno ai crociati. Ma nel cane, a differenza dell’uomo, non è la più frequente.

È, infatti, assai più probabile che la rottura dei legamenti crociati del ginocchio sia il risultato finale di una serie di alterazioni (degenerative, di struttura e/o di conformazione) intrinseche ai legamenti stessi. Insomma, un concentrato di cause, capaci, con l’andar del tempo, di indebolire progressivamente i crociati, esponendoli al rischio di rottura.

Per tale motivo, si parla appunto di rottura” spontanea” o degenerativa, contrapposta alla meno frequente rottura “traumatica”. Il ginocchio del cane è, da un punto di vista anatomico, molto simile al nostro: tre ossa (femore, tibia e rotula) mantenute in posizione corretta da un complesso apparato di tendini, muscoli e legamenti.

E, tra questi, spiccano per importanza funzionale i due “legamenti crociati” (anteriore o craniale e posteriore o caudale), così chiamati proprio perché si incrociano l’un l’altro a “X”. Tale conformazione consente di tenere saldamente unite le superfici di tibia e femore, ed assicurare così estrema stabilità al ginocchio.

Ebbene, la rottura, totale o anche parziale, di questi legamenti (più frequentemente di quello anteriore) è la prima causa di artrosi e zoppia a carico degli arti posteriori nel cane. Vale dunque la pena capire qual è il reale profilo di questa malattia, e quali piuttosto siano i luoghi comuni o le false credenze, che possono travisarne il corretto riconoscimento e la gestione più appropriata.

Ci sono razze di cani predisposte alla rottura spontanea del legamento crociato?

VERO

Oggi sappiamo che certe razze canine (Rottweiler, Terranova, Dogue de Bordeaux, Alano, Labrador, Boxer ed altre ancora) sono predisposte alla rottura “spontanea” dei loro crociati. Per tali cani, i traumi rappresentano solo il “colpo di grazia” inflitto a strutture già debilitate da un punto di vista conformazionale e strutturale.

Tipico anche l’esempio di cani, come Bulldog e Chow Chow, che hanno la tendenza a tenere gli arti posteriori “diritti”, “stangati”. L’angolo molto aperto che si viene a creare tra femore e tibia determina, fin dal periodo dello sviluppo, la progressiva distorsione del legamento crociato, che può rompersi già entro il secondo anno di vita.

Alcuni fattori possono aumentare la  predisposizione alla rottura spontanea del legamento crociato in un cane?

VERO

Sono molti i fattori che possono minare la resistenza di questi legamenti, alterando profondamente la struttura dei loro componenti principali, vale a dire le fibre collagene. Tra questi: la progressiva degenerazione legata all’invecchiamento; il sovrappeso, tipico ad esempio di cani, anche giovani, nutriti in modo incontrollato ed irrazionale nelle fasi di crescita più accelerata; malattie preesistenti, come, ad esempio, un’artrosi primitiva (tipica di certe razze, tra cui il Boxer) o la lussazione della rotula, non infrequente in alcune razze di piccola taglia; l’eccesso di attività fisica; i difetti di appiombo e i malallineamenti dell’arto posteriore, che creano sbilanciamenti di andatura e di angolazione, tali da penalizzare i crociati, su cui finiscono per convergere distorte e continue sollecitazioni.

La rottura del legamento crociato non sempre provoca artrosi

FALSO

L’instabilità del ginocchio che si crea in seguito alla rottura traumatica e, soprattutto, non traumatica dei crociati agisce fin da subito sui tessuti articolari, avviando, sempre e preco-cemente, alterazioni di natura francamente artrosica: progressiva degenerazione della cartilagine (condrodegenerazione), infiammazione, alterazioni dell’osso. In poche parole, il crociato, una volta rotto, degenera inevitabilmente in artrosi ed è anche da questa (talora, soprattutto da questa) che dipende la comparsa di dolorose ed invalidanti zoppie.

Il sintomo caratteristico della rottura del legamento crociato è la zoppia?

VERO

Anche se con diverse modalità di comparsa, differenziate a seconda della causa (traumatica e non) e del grado (parziale e totale) di rottura. Traumi acuti (come, ad esempio, un salto, un improvviso cambio di direzione o una brusca frenata) possono provocare la rottura completa del legamento, con comparsa di grave zoppia (il cane tiene l’arto posteriore quasi completamente sollevato da terra o, più spesso, lo appoggia solo in punta).

In caso di rotture parziali o in assenza di traumi ben definiti, la zoppia ha caratteristiche molto variabili. Può essere intermittente, vale a dire può comparire subito, regredire e, poi, ripresentarsi, anche in modo più drammatico. Può manifestarsi gradualmente. Oppure può avere una comparsa tardiva rispetto al momento della rottura, solitamente in concomitanza di un’artrosi già grave o perché si rompono quelle semilune di cartilagine (i menischi, soprattutto quello interno o mediale), che fanno da cuscinetto di ammortizzazione articolare.

La terapia per la rottura del legamento crociato di un cane è solo chirurgica?

FALSO

È sicuramente fondamentale ricostruire, con le numerose tecniche chirurgiche oggi a disposizione, un legamento rotto, o aprendo l’articolazione o rivolgendosi a centri più avanzati che eseguono approcci cosiddetti minimo invasivi, vale a dire mediante l’impiego di tecniche artroscopiche.

Tuttavia, da alcuni anni, a differenza della medicina umana, è invalso l’uso di stabilizzare il ginocchio (instabile a causa della rottura dei legamenti) con vari interventi di tipo extrarticolare. O, ancor più recentemente, di modificare l’anatomia e la biomeccanica del ginocchio, in luogo della ricostruzione del legamento crociato rotto.

Resta, comunque, altrettanto importante intervenire il prima possibile anche con misure mediche, mirate non solo a controllare il dolore, ma soprattutto a prevenire o limitare l’artrosi che, nel caso di rottura del crociato, si sviluppa indipendentemente dal rimedio chirurgico adottato.

Vale per tutti l’esempio dei cani di piccola taglia (con peso corporeo inferiore ai 15 kg), per i quali è possibile mettere in atto un intervento conservativo (cioè non chirurgico), ricorrendo all’impiego di antinfiammatori classici unitamente ai condroprotettori.

In questi casi, la qualità del recupero è del tutto soddi-sfacente, anche se richiede tempi un po’ più lunghi rispetto all’intervento chirurgico.

La condroprotezione è utile per controllare l’artrosi che accompagna la rottura del legamento crociato di un cane?

VERO

Esiste, ormai da parecchi anni, un presidio che, se usato con razionalità, tempestività e costanza, aiuta a controllare il problema “artrosi”. Stiamo parlando della condroprotezione e dei condroprotettori: sostanze che sono in grado di proteggere, rinforzare o riparare la cartilagine, messa costantemente a dura prova dall’instabilità del ginocchio conseguente alla rottura dei legamenti.

Così facendo, queste sostanze aiutano a prevenire lo sviluppo dell’artrosi nei soggetti predisposti, o, se questa è già presente, a limitarne i danni e a ritardare la comparsa di sintomi evidenti (dolore, zoppia). Altre molecole utilmente impiegate per ridurre il rischio di artrosi sono quelle che migliorano lo “stato di salute” di muscoli, tendini e legamenti (unità miotenolegamentosa o MTL). Sostanze, come l’acido lipoico, che possono potenziare la stabilità dell’articolazione danneggiata e, dunque, contribuire ad ammortizzare le sollecitazioni funzionali distorte che gravano sui tessuti articolari, cartilagine in primis.

Condroprotezione: cosa significa?

Letteralmente vuol dire proteggere le cellule della cartilagine (i condrociti) dalla degenerazione (condrodegenerazione), cui inevitabilmente vanno incontro in corso di artrosi. In condizioni di benessere, i condrociti svolgono due funzioni in perfetto equilibrio tra loro: da un lato, producono nuovi “mattoni” (proteoglicani) per la costruzione della cartilagine, e, dall’altro, distruggono i “mattoni” vecchi, garantendo la salute di questo importante tessuto.

Quando si instaura l’artrosi, questo equilibrio viene rotto: i condrociti cominciano a distruggere più mattoni di quanti siano in grado di produrne e la cartilagine comincia progressivamente a sfaldarsi. È iniziata la “condrodegenerazione”.

Oggi, sappiamo che alcune sostanze sono in grado di opporsi alla condrodegenerazione, riportando la cartilagine allo stato di benessere. Si tratta dei “condroprotettori”: sostanze, come condroitin solfato e glucosamina, che stimolano i condrociti ad aumentare la produzione di nuovi “mattoni” cartilaginei e a diminuirne la distruzione, con il risultato che la cartilagine viene protetta, rinforzata e, a poco a poco, recupera la propria struttura di tessuto sano e funzionalmente attivo.

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